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lunedì 29 novembre 2021

Recensione "Furore" - John Steinbeck

 




Titolo: Furore

Autore: John Steinbeck

Editore: Bompiani

Genere: Narrativa contemporanea



Pietra miliare della letteratura americana, "Furore" è un romanzo pubblicato negli Stati Uniti nel 1939 e coraggiosamente proposto in Italia da Valentino Bompiani l'anno seguente. Il libro fu perseguitato dalla censura fascista e solo ora, dopo più di 70 anni, vede la luce la prima edizione integrale, nella nuova traduzione di Sergio Claudio Perroni. Una versione basata sul testo inglese della Centennial Edition dell'opera di Steinbeck, che restituisce finalmente ai lettori la forza e la modernità della scrittura del Premio Nobel per la Letteratura 1962. Nell'odissea della famiglia Joad sfrattata dalla sua casa e dalla sua terra, in penosa marcia verso la California, lungo la Route 66 come migliaia e migliaia di americani, rivive la trasformazione di un'intera nazione. L'impatto amaro con la terra promessa dove la manodopera è sfruttata e mal pagata, dove ciascuno porta con sé la propria miseria "come un marchio d'infamia". Al tempo stesso romanzo di viaggio e ritratto epico della lotta dell'uomo contro l'ingiustizia, "Furore" è forse il più americano dei classici americani, da leggere oggi in tutta la sua bellezza.


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Il prezzo finale non subirà alcuna variazione né incrementi di prezzo.



Buonasera lettori,

Vi porto sul blog oggi una delle letture migliori che ho fatto quest’anno.

Sto parlando del libro di Steinbeck “Furore” dove il lettore viene catapultato in un’America di inizio secolo dove le persone costrette ad abbandonare la loro terra, la loro casa e a cercarsi un lavoro altrove, percorre miglia su miglia per una mera utopia.


In questo tomo di ben seicento pagine - mai pesanti e sempre interessanti - affianchiamo la famiglia Joad nella sua migrazione. Questa sarà una famiglia esempio che Steinbeck prende in esame per il suo libro. Una famiglia come tante che in quel tempo ha compiuto quello spostamento in cerca di fortuna, lontana dal conforto di una luogo caro, per la ricerca di un lavoro per sostentare la famiglia.


Ed è proprio per questo motivo che la famiglia Joad è costretta a migrare.

La loro terra ormai non sta dando profitto. I trattori che i grandi proprietari terrieri utilizzano per la lavorazione della terra lavorano il doppio e rendono ancora di più e il lavoro nei campi ormai non è pagato abbastanza per sostenere una famiglia.


“Il trattorista sedeva sul suo seggiolino di ferro ed era fiero di quelle linee dritte che non dipendevano da lui, fiero di quel trattore che non possedeva né amava, fiero di quel potere che non aveva modo di controllare. E quando quel raccolto cresceva e veniva mietuto, nessun uomo aveva sbriciolato nel palmo una sola zolla, né lasciato stillare tra le dita la terra tiepida. Nessun uomo aveva toccato i semi, o agognato la crescita. ”


Quindi senza più una casa e con poco più di sessanta dollari, la famiglia Joad al completo si mette in marcia verso la California, luogo dove si dice ci sia lavoro per tutti. Voce avvalorata dai numerosi volantini che sempre più girano tra la gente.


Ma la verità è ben differente dall’illusione che migliaia di americani si erano fatti.

Arrivati nella terra promessa non sarà di certo un lavoro sicuro e ben pagato come gli era stato detto ad aspettarli ma tanta fame, sfruttamento e discriminazione.


Così noi, spettatori di tanta ingiustizia e crudeltà, non possiamo far altro che leggere pagine su pagine nella speranza che i Joad - e tanti come loro che incontriamo nel corso della lettura - trovino il tanto agognato lavoro. Un lavoro vero che rispecchi le aspettative della famiglia, che porti alla dignità i suoi lavoratori e che garantisce un pasto caldo e una casa confortevole a tutti i componenti del nucleo familiare.


“Le strade pullulavano di gente assetata di lavoro, pronta a tutto per il lavoro. E le imprese e le banche stavano scavandosi la fossa con le loro stesse mani, ma non se ne rendevano conto. I campi erano fecondi, e i contadini vagavano affamati sulle strade. I granai erano pieni, e i figli dei poveri crescevano rachitici, con il corpo cosparso di pustole di pellagra. Le grosse imprese non capivano che il confine tra fame e rabbia è un confine sottile. E i soldi che potevano servire per le paghe servivano per fucili e gas, per spie e liste nere, per addestrare e reprimere. Sulle grandi arterie gli uomini sciamavano come formiche, in cerca di lavoro, in cerca di cibo. E la rabbia cominciò a fermentare.”


Ogni pagina letta, ogni nuova vicenda, il lettore spera in un miglioramento, in un miracolo che però tarda ad arrivare. Sono più le rogne che le famiglie si trovano ad affrontare che le gioie da festeggiare.


Un libro crudo. Amaro. Duro e doloroso. Non molto lontano da ciò che ancora accade ai giorni nostri, dove il lavoro e lo sfruttamento vanno a braccetto e la gente è costretta a migrare, abbandonare familiari e la propria terra natia per un’illusione che molto spesso è infondata e non troverà mai radici.


Come vi ho detto all’inizio la mole di questo libro è stata inesistente una volta che ci si è addentrati nella sua familiarità, anzi sono arrivata all’ultima pagina vogliosa di un altro tanto di pagine per proseguire la storia.


La scorrevolezza della storia è proporzionale alla curiosità del lettore: l’imminente viaggio, la risoluzione di faccende pratiche come la preparazione della cena o pranzo, nel cercare la legna o aggiustare il furgone per partire. Nel tenere insieme la famiglia, gestire tutte le esigenze quando si è in viaggio non è semplice ma i Joad con la loro praticità e lo spirito di adattamento lo hanno fatto aiutando anche altri nel loro cammino.


I personaggi sono talmente ben caratterizzati che quasi credi di conoscerli da sempre, ogni dolore della famiglia lo accusa anche il lettore, ogni sofferenza che Steinbeck aggiunge ai protagonisti il lettore non può che sentirla e sperare si risolve nel migliore dei modi.

Anche le descrizioni sono dettagliatisime e lasciano poca immaginazione al lettore talmente sono vivide che sembra si stia guardando un film.


L’alternanza di capitoli descrittivi che disegnano e illustrano al lettore la condizione economica e sociale di quel tempo danno un'aggiunta in più al quadro già presente che si intravvede nei capitoli delle avventure della famiglia Joad.


Due sono i personaggi che più di tutti mi sono entrati nel cuore. Molto simili tra loro, madre e figlio sono i pilastri della famiglia.

Mà Joad, donna testarda e determinata tiene unita la famiglia con la sua autorità nei momenti indispensabili. Non perde mai la lucidità anche nei momenti peggiori e cerca di reagire e far reagire gli altri.


“Per l’uomo la vita è fatta a salti: se nasce tuo figlio e muore tuo padre, per l’uomo è un salto; se ti compri la terra e ti perdi la terra, per l’uomo è un salto. Per la donna invece è tutto come un fiume, che ogni tanto c’è un mulinello, ogni tanto c’è una secca, ma l’acqua continua a scorrere, va sempre dritta per la sua strada. Per la donna è così ch’è fatta la vita.”


Così anche il maggiore dei suoi figli, Tom, uscito di prigione giusto in tempo per congiungersi nell’imminente partenza della famiglia, con la sua determinazione cerca di aiutare in tutti i modi la famiglia anche a costo di macchiarsi le mani.


La cosa che più mi ha colpito di questo libro è la forza che queste persone hanno trovato per affrontare questo viaggio. Non solo fisica ma anche mentale e psicologica. Le continue discriminazioni, i soprusi, maltrattamenti, le umiliazioni e la perenne ricerca di un tozzo di pane. Tutto questo malumore che piano piano è cresciuto, mutato, aumentato a dismisura fino a trasformarsi in furore. 

Furore come il titolo che rappresenta quest’opera. 


“Nell’anima degli affamati i semi del furore sono diventati acini, e gli acini grappoli ormai pronti per la vendemmia.”



Una lettura che ti entra nel cuore, ti fa riflettere e ti torna in mente dopo tempo non per una morale precisa - infatti non c’è nè morale nè scopo - ma per la realtà di ciò che è realmente accaduto e che ciclicamente accade alla storia dell’uomo.


Quasi un fermo immagine di un periodo storico difficile della storia che anche oggi torna attuale e riconoscibile nei migliaia di migranti che con altrettanti mezzi sgangherati e di fortuna attraversano il mare in cerca di una vita differente da quella che vivono nel loro paese, che ormai non li sostenta più.


“Gli uomini mangiavano ciò che non avevano coltivato, non avevano legami con il loro pane. La terra partoriva sotto il ferro, e sotto il ferro a poco a poco moriva, perché non era stata amata né odiata, non aveva attratto preghiere né maledizioni.”


Un capolavoro indubbiamente. 

Un capolavoro che spero di aver presentato in maniera da spingere chi ancora non l’ha letto a farlo.

Dedicategli il vostro tempo e verrete ripagati.

Da leggere almeno una volta nella vita.


❓E ora vi chiedo..

Avete letto questo libro? Se si cosa vi ha colpito di più?

Avete mai affrontato un lungo viaggio in macchina?

Vi leggo volentieri nei commenti💕


venerdì 12 novembre 2021

Recensione "L'acqua del lago non è mai dolce" - Giulia Caminito

 




Titolo: L’acqua del lago non è mai dolce

Autore: Giulia Caminito

Editore: Bompiani

Genere: Narrativa contemporanea







Odore di alghe limacciose e sabbia densa, odore di piume bagnate. È un antico cratere, ora pieno d'acqua: è il lago di Bracciano, dove approda, in fuga dall'indifferenza di Roma, la famiglia di Antonia, donna fiera fino alla testardaggine che da sola si occupa di un marito disabile e di quattro figli. Antonia è onestissima, Antonia non scende a compromessi, Antonia crede nel bene comune eppure vuole insegnare alla sua unica figlia femmina a contare solo sulla propria capacità di tenere alta la testa. E Gaia impara: a non lamentarsi, a salire ogni giorno su un regionale per andare a scuola, a leggere libri, a nascondere il telefonino in una scatola da scarpe, a tuffarsi nel lago anche se le correnti tirano verso il fondo. Sembra che questa ragazzina piena di lentiggini chini il capo: invece quando leva lo sguardo i suoi occhi hanno una luce nerissima. Ogni moto di ragionevolezza precipita dentro di lei come in quelle notti in cui corre a fari spenti nel buio in sella a un motorino. Alla banalità insapore della vita, a un torto subito Gaia reagisce con violenza imprevedibile, con la determinazione di una divinità muta. Sono gli anni duemila, Gaia e i suoi amici crescono in un mondo dal quale le grandi battaglie politiche e civili sono lontane, vicino c'è solo il piccolo cabotaggio degli oggetti posseduti o negati, dei primi sms, le acque immobili di un'esistenza priva di orizzonti.


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Buongiorno lettori,

Oggi vi porto sul blog la recensione del libro vincitore del Premio Campiello di quest’anno.

Se non l’avete ancora capito, sto parlando di L’acqua del lago non è mai dolce di Giulia Caminito.


Un libro duro che mette lo sguardo su una realtà sociale che tutt’oggi è presente in molti posti dell’Italia. Ma non è solo questo, in questo libro ci viene narrata la realtà familiare della protagonista e della sua famiglia con tutte le sue innumerevoli difficoltà.


Una realtà che ci viene sbattuta sin da subito in faccia, che ci mostra il degrado e il malessere della periferia, delle opere pubbliche incompiute e il malumore delle persone, che tanto si aspettano e nulla hanno.


Conosciamo la storia di questa famiglia attraverso la narrazione in prima persona della figlia, Gaia. Una cosa che mi ha fatto interrogare a fine lettura è stata la scelta dell’autrice di non far conoscere al lettore il nome della protagonista. Infatti ne veniamo a conoscenza quasi a fine lettura e credo sia per rafforzare la rabbia che ha la protagonista nei confronti della vita, della sua famiglia, degli amici. Quasi un modo per rinnegare la propria vita, la propria essenza con un nome che non la rappresenta per nulla e che sceglie di non utilizzare.


Ci troviamo a Roma nei primi anni duemila ed è qui che la storia si svolgerà in lungo e in largo nella provincia. Molti saranno infatti gli spostamenti che la famiglia deve affrontare per trovare una casa. Passando prima dalla tossica e malfamata periferia, poi ad un quartiere borghese fino alle rive del lago di Bracciano ad Anguillera dove si svolgerà la maggior parte della storia per concludersi nuovamente in Corso Trieste, nel quartiere elegante di Roma.

Nonostante tutti questi spostamenti, la condizione di povertà della famiglia rimane invariata.


Ma parliamo un pochino dei componenti della famiglia.


Ho trovato la figura della madre, Antonia, molto forte. 

Una donna sola che dopo la disgrazia successa al marito deve portare avanti la famiglia con i suoi soli sforzi, scendendo a patti con una vita crudele. La sua testardaggine, la sua dittatura, fanno si che Gaia la odi, non la sopporta. 

Ma la madre conta su di lei. Punta tutto sullo studio per rendere il futuro della figlia diverso dal suo. Migliore.

Peccato però che facendo così fa vivere la figlia secondo le sue esigenze, senza mai darle il giusto spazio, un po 'di affetto, amore.


Massimo, padre e marito, è una figura di sfondo nelle numerose case abitate dalla famiglia.

Un incidente sul lavoro (nero) in un cantiere edile lo ha reso paralizzato diventando dipendente dalla vita altrui, senza avere la possibilità di contribuire al benessere della famiglia che ricade tutta su Antonia che spesso e volentieri gli rinfaccia.


Ho apprezzato molto la figura di Mariano, fratello maggiore e figlio di un altro padre, viene mandato via di casa dalla madre ma nonostante questo ama la sua famiglia e la aiuta nei momenti di bisogno. 

La sua voglia di scoprire il mondo l’ha portato ad avere idee contrastanti con Antonia che l’hanno portato a vivere lontano da casa aderendo ad un gruppo anarchico e partecipando al G8 a Genova, senza fermarsi davanti a nulla.

Gaia era molto attaccata al fratello e l’allontanamento da parte della madre ha influito sul suo cattivo comportamento una volta ritrovata sola.


I due gemelli, i più piccoli di casa, sono ancora più di contorno del padre. Infatti sono sempre zitti, attaccati alla madre anche dopo essere cresciuti. Non hanno idee proprie ma vivono per soddisfare quelle della madre.


E infine Gaia.

La sua vita è piena di controsensi. Rabbia. Dolore. Voglia di amare ma paura di deludere e questo la porterà a stare sempre sola anche in compagnia.

Odia la sua famiglia per ciò che non hanno. Costretta a frequentare una scuola per ricchi sarà la migliore della classe ma non per suo volere.

Avrà numerose amicizie che però vedremo iniziare e finire in poco tempo.


Infatti ho trovato poco approfondite le storie dei vari personaggi, narrate fino ad un certo punto poi stroncate dalla narrazione per venire a conoscenza solo della fine della relazione, senza però darci indicazioni utili nel comprenderne lo svolgimento, come se il lettore fosse onnisciente.


Un altro punto che ho trovato poco approfondito è la parte sociale, visto il tema introdotto all'inizio del romanzo mi aspettavo qualcosa di più su questo tema all'interno del romanzo.


Anche lo stile non mi ha fatto impazzire. 

Diciamo che a stento ho terminato la lettura anche se non sono solita abbandonare i libri, perchè nonostante non trovi di mio gusto la lettura voglio arrivare alla fine per farmene un'opinione completa. Il fatto che abbia letto questo libro con un gruppo di lettura mi ha aiutato a terminarlo in un tempo breve e non trascurare la lettura per altre.


Inoltre nonostante la scorrevolezza della narrazione non ho apprezzato le numerose ripetizioni e gli elenchi infiniti di parole che invece di creare qualcosa di originale mi hanno distratto dalla lettura e il più delle volte annoiato.


❓Quindi non posso che chiedere a voi, 

amici lettori che avete letto questo libro e vi è piaciuto, 

datemi la vostra opinione in merito e ditemi cosa vi è piaciuto di questa lettura.

Per chi invece non lo ha letto, vi incuriosisce? Lo leggereste?

A che età avete avuto il primo telefono?

Vi leggo volentieri nei commenti💕




sabato 20 febbraio 2021

Recensione "Central Park" - Guillaume Musso

 





Titolo: Central Park

Autore: Guillaume Musso

Editore: Bompiani

Genere: Thriller con suspense 

Serie: Autoconclusivo



New York. Otto del mattino. Alice, una giovane poliziotta di Parigi, e Gabriel, pianista jazz americano, si svegliano ammanettati tra loro su una panchina di Central Park. Non si conoscono e non ricordano nulla del loro incontro. La sera prima Alice era a una festa sugli Champs-Elysées con i suoi amici, mentre Gabriel era in un pub di Dublino a suonare. Impossibile? Eppure... Dopo lo stupore iniziale le domande sono inevitabili: come sono finiti in una situazione simile? Da dove arriva il sangue di cui è macchiata la camicetta di Alice? Perché dalla sua pistola manca un proiettile? Per capire cosa sta succedendo e riannodare i fili delle loro vite, Alice e Gabriel non possono fare altro che agire in coppia. La verità che scopriranno finirà per sconvolgere le loro esistenze.



In questo romanzo credi di aver capito tutto e quando arrivi alla fine ti accorgi di non aver capito nulla! 

Alice e Gabriel si trovano una mattina ammanettati tra loro in una panchina di Central Park senza nessuna spiegazione plausibile visto che lei il giorno prima era a far festa con le amiche negli Champs-Elysées e lui a suonare in un pub di Dublino. 

Quindi com’è possibile? 

Con capitoli al passato dal punto di vista di Alice, Musso ci racconta una storia intrecciata di vendetta, serial killer che strangolano donne con le calze velate e una malattia degenerativa. Qual è la verità? Chi mente? Chi è veramente l’uomo che si è svegliato di fianco ad Alice e dice di essere prima un musicista poi un poliziotto? Con mille dubbi e una crescente suspense Musso ci accompagna in una storia dove tutto è diverso da come sembra e la verità verrà svelata solo alla fine.

Lo stile narrativo serrato accentua la suspense e ogni capitolo ti svela una tessera di un puzzle più grande che mano a meno si va a costruire. La bravura dell’autore a far sembrare una cosa per un’altra contribuisce alla creazione di uno splendido romanzo anche se, arrivati alla fine, la scelta narrativa può non piacere a tutti. Io ho trovato il finale intrigante e la creazione del “falso thriller” geniale!

La scrittura è scorrevole, le descrizioni dei paesaggi, soprattutto inizialmente nella descrizione di Central park e delle varie vie di New York, molto minuziose e ben descritte facendo immergere il lettore in un mondo parallelo fatto di fughe e adrenalina!

Se vi aspettate un thriller da strapparsi i capelli, questo non fa per voi, ma se volete leggere un libro pieno di colpi di scena dove la realtà è diversa da quella che si intuisce…

Allora ve lo consiglio!!




mercoledì 6 gennaio 2021

"Veronika decide di morire" di Paulo Coelho - Recensione lettura extra Gennaio

 Hey Readers!!

Qui verrà recensita la lettura extra del mese di Gennaio






Titolo: Veronika decide di morire

Autore: Paulo Coelho

Editore: Bompiani

Genere: Narrativa psicologica

Serie: Autoconclusivo



Vi chiediamo di scrivere nel commento il mone che usate su facebook e la squadra di appartenenza per potervi assegnare il relativo bonus.


Veronika, pur avendo una vita normale, non è felice. Ecco perché decide di morire, ingerendo una dose eccessiva di sonniferi. Ma il tentativo fallisce, e Veronika viene internata in una clinica psichiatrica dove il suo cuore ammalato conosce una realtà di cui non sospettava l'esistenza. Il romanzo si ispira a un drammatico episodio della vita dello scrittore quando, nel 1965, a diciotto anni, venne ricoverato in una clinica psichiatrica. Paulo Coelho scrive una profonda riflessione sul tema della normalità e della diversità, trasformando il dramma dell'infelicità nella pienezza dell'accettazione della vita e della sua bellezza.

“Il vero io è quello che sei, non quello che hanno fatto di te”


La protagonista di questo libro è Veronika, una ragazza di ventiquattro anni che abita a Lubiana, in Slovenia. Fin dall'incipit, e anche dal titolo, capiamo che la giovane protagonista vuole porre fine alla sua vita. Ed è così che nei primi capitoli del libro ci viene raccontata la sua vita, una vita normale, forse troppo per lei, stanca della solita routine, le sue abitudini e la vita che conduce, fa la bibliotecaria e abita in una stanza di un convento. Ha studiato, è una bella ragazza e ha l’amore dei genitori, ma la sua vita le sta stretta e decide quindi di morire assumendo una dose eccessiva di sonnifero.

Per fortuna - o per sfortuna sua - viene salvata e portata, in pessime condizioni, a “Villette” la clinica psichiatrica di Lubiana  gestita dal dottor Igor, dove rimarrà per alcuni giorni in coma. Al suo risveglio la sua delusione per il suo fallimento è tanta ma appena il dottore le dà una “cattiva” notizia, il suo umore si risolleva. Il suo tentato suicidio ha fatto sì che il suo cuore riportasse dei seri danni e perciò non le rimarrà molto da vivere, una settimana al massimo.

Se questa notizia in un primo momento la sollevò, dopo aver riflettuto e guardato con un’altra prospettiva la vita, la protagonista è rammaricata della sua imminente morte ma consapevole che non può sfuggirgli. Ed è grazie alla sua condizione che molti dei pazienti, di cui Veronika fa la conoscenza all’interno della clinica nei giorni della sua permanenza, riflettono sul vero valore della vita e sul perchè - volendo - non possano cambiare la loro condizione avendo - loro - tutta la vita davanti al contrario della giovane sfortunata. 

I personaggi secondari principali che incontriamo all’interno della narrazione sono tre e tutti influiscono nel cambiamento di Veronika come lei influirà nel loro personale cambiamento. 


Questo romanzo scritto dell’autore nel 1997, riporta varie esperienze vissute in prima persona dall’autore, come l’internamento in una clinica psichiatrica o la cura tramite elettroshock. 

Mi ha fatto riflettere molto sul tema che tratta la normalità o la pazzia di una persona. 

D'altronde chi siamo noi per giudicare una persona e additarla come pazza? Perché la pensa diversamente da noi, magari in modo stravagante e non convenzionale non è detto che sia lei la pazza e non noi! Mi è piaciuto anche l’esempio che porta Coelho all’interno della storia per spiegare alla protagonista questo concetto.


L’autore con questo romanzo ci porta a far riflettere sulla vita, sulla sua unicità e preziosità quando - come nel caso di Veronika - tutto è perso facendoci aprire gli occhi su nuove prospettive su cui riflettere.

Sinceramente ho trovato questa lettura inizialmente pesante ma pian piano sempre più scorrevole ed interessante tant’è che ho terminato il libro in pochi giorni. Direi che questa lettura la consiglio a tutti quelli che vogliono degli spunti su cui riflettere, adolescenti e adulti. Magari letto più di una volta nella vita, aggiungerei in diverse fasi, così da poterne cogliere ogni più piccolo aspetto e spunto di riflessione.






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