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lunedì 25 ottobre 2021

Recensione "L'uomo delle castagne" - Søren Sveistrup

 




Titolo: L’uomo delle castagne

Autore: Søren Sveistrup

Editore: Rizzoli

Genere: Thriller








Troppe cornacchie dietro il trattore. Saltellano freneticamente intorno a qualcosa di bianco, pallido e informe. Un maiale. Gli occhi spenti, il corpo che freme e si agita, come se provasse a spaventare le cornacchie, appollaiate a mangiare da un grosso foro di arma da fuoco sulla sua nuca.


Un navigato agente di polizia, a una settimana dalla pensione, si ferma davanti alla fattoria di un vecchio conoscente, nei dintorni di Copenaghen. Qualcosa non va. Un maiale morto lasciato lì. Non si fa così, in campagna. Apre la porta d'ingresso, socchiusa, con due dita, come nei film. Per vedere una cosa che non avrebbe mai voluto vedere: sangue, un cadavere mutilato, altri corpi da scavalcare. Cammina fino all'ultima stanza, dove centinaia di omini fatti di castagne e fiammiferi - infantili, incompleti, deformi - lo guardano ciechi. Stravolto, si chiude la porta alle spalle, senza sapere che l'assassino lo sta fissando.


Così si annuncia, spaventosa, la storia dell'Uomo delle castagne, un thriller di grande livello, il primo romanzo di Søren Sveistrup, autore della serie tv The Killing- il cult mondiale che ha appassionato milioni di spettatori - e sceneggiatore dell'Uomo di neve, il film tratto dal romanzo di Jo Nesbø. Un'invenzione narrativa complessa, un assassino disumano che si muove nel fondo di questo libro con una cupezza senza eguali, un'indagine condotta con angosciata bravura da due detective - uomo e donna, lui e lei - costretti a scendere mille gradini per comprendere come un'ossessione perfetta può deviare la mente di un individuo. Nemmeno Hitchcock. Perché poi un grande thriller nasce soltanto da un magnete, un chiavistello del male che attira, che vi attira inesorabilmente là, nella stanza degli omini che dondolano. Un capitolo vi lascerà il gusto di essere su una pista possibile e il seguente vi dirà di cambiare strada. Perché l'Uomo delle castagne ha pensato a tutto e ricorda ogni cosa.

Gli altri, finti innocenti, hanno dimenticato.


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Il prezzo finale non subirà alcuna variazione nè incrementi di prezzo.




Buon pomeriggio lettori,

Oggi vi parlo di un libro che ho deciso di leggere grazie ad un gruppo di lettura sballando la mia tbr mensile. 

Sto parlando del thriller nordico di Søren Sveistrup “L’uomo delle castagne” di cui Netflix ha prodotto l’omonima serie uscita lo scorso settembre che, a detta di chi l’ha vista, molto simile al libro, io che ne ho visto giusto due puntate, ho trovato qualche differenza di trama, ma questa è un’altra recensione!


Parliamo invece del libro. 

Ci troviamo a Copenhagen, in Danimarca agli inizi di ottobre. La stagione delle castagne è in pieno corso e qui i bambini hanno l’abitudine di farne degli omini con braccia e gambe di fiammiferi.


Due detective, una con il desiderio di cambiare dipartimento e sezione di lavoro, l’altro rispedito dall’Aia nel suo vecchio dipartimento per alcuni problemi da risolvere, si trovano a dover lavorare fianco a fianco ad alcuni omicidi con indizi che sembrano voler riaprire un vecchio caso.

Ma non solo.

Il killer oltre a tagliare mani e piedi delle vittime si firma con gli omini di castagne, venendo soprannominato dalla stampa il killer delle castagne.


Nonostante l'impegno e le continue corse dei due detective, il killer colpisce per ben tre volte. Quando sembrano aver trovato la pista giusta e le due persone indiziate si danno alla fuga, vengono ritrovate entrambe morte, facendo chiudere il caso nel migliore dei modi.

I colpevoli non possono parlare ma hanno indizi sufficienti per incolparli.


Ma alcuni indizi non tornano mettendo mille dubbi ai due detective spingendoli a credere che il vero killer è ancora là fuori e che presto colpirà di nuovo. Purtroppo però il loro capo non la vede in questo modo e fa chiudere il caso, all’apparenza risolto.


Ma quando guardando delle foto alcuni indizi che prima sembravano irrilevanti e privi di collegamento iniziano a prendere forma, la corsa contro il tempo per salvare la vera vittima per cui il tutto è stato preparato è al limite del possibile.


Chi è davvero il killer delle castagne e perché ha fatto tutto questo?


Un thriller scorrevole e ricco di suspance. Moltissimi sono i dettagli che ci vengono dati e i sospetti crescono ad ogni capitolo. Ma il vero colpevole è ben nascosto e difficile da scovare e questo prolunga il piacere della lettura fino alla fine!


Devo ammettere però che per la maggior parte della narrazione, nonostante sia stata curiosa di proseguire per vedere come si svolgevano le indagini del killer, mi sono un pò annoiata. Ho trovato infatti lo stile narrativo dell’autore molto prolisso e lento - pure un pò ripetitivo! -  e questo mi ha più volte distratta nel corso della lettura. Molti particolari e molti dettagli dati tutti assieme hanno avuto su di me questo effetto mettendo più confusione che altro.


Cosa che è andata scemando nell’ultima parte della storia, cioè quando la caccia al killer è ripresa e intensificata giungendo finalmente al termine - ovvero nelle ultime quaranta pagine!


Per quanto non bocci del tutto questo libro - perchè a qualcuno può essere piaciuto moltissimo e ha un’altra opinione in merito - io non mi sento nè di consigliarlo nè di non consigliarlo.

Sta a voi leggerlo e decidere cosa ne pensate di questa storia, purtroppo questa volta non posso esservi d’aiuto!


❓Voi l’avete letto?

Quale libro vi ha inizialmente incuriosito per poi non convincervi del tutto?

Vi leggo volentieri nei commenti💕




lunedì 20 settembre 2021

Recensione "Il bambino che disegnava le ombre" - Oriana Ramunno

 



Titolo: Il bambino che disegnava e ombre

Autore: Oriana Ramunno

Editore: Rizzoli

Genere: Narrativa storica, Thriller







Quando Hugo Fischer arriva ad Auschwitz è il 23 dicembre del 1943, nevica e il Blocco 10 appare più spettrale del solito. Lui è l'investigatore di punta della Kriminalpolizei e nasconde un segreto che lo rende dipendente dalla morfina. È stato chiamato nel campo per scoprire chi ha assassinato Sigismud Braun, un pediatra che lavorava a stretto contatto con Josef Mengele durante i suoi esperimenti con i gemelli, ma non ha idea di quello che sta per affrontare. A Berlino infatti si sa ben poco di quello che succede nei campi di concentramento e lui non è pronto a fare i conti con gli orrori che vengono perpetrati oltre il filo spinato. Dalla soluzione del caso dipende la sua carriera, forse anche la sua vita, e Fischer si ritroverà a vedersela con militari e medici nazisti, un'umanità crudele e deviata, ma anche con alcuni prigionieri che continuano a resistere. Tra loro c'è Gioele, un bambino ebreo dagli occhi così particolari da avere attirato l'attenzione di Mengele. È stato lui a trovare il cadavere del dottor Braun e a tratteggiare la scena del delitto grazie alle sue sorprendenti abilità nel disegno. Mentre tutto intorno diventa, ogni giorno di più, una discesa finale agli inferi, tra Gioele e Hugo Fischer nascerà una strana amicizia, un affetto insolito in quel luogo dell'orrore, e proprio per questo ancora più prezioso.


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Buon pomeriggio cari lettori,


Oggi vi parlo di un libro che ho divorato nel giro di pochi giorni nonostante la crudeltà e gli orriri che cela. Sto parlando di Oriana Ramunno “Il bambino che disegnava le ombre”, un thriller storico ambientato nella seconda guerra mondiale proprio ad Auschwitz, teatro di un omicidio ai danni di un medico tedesco che il protagonista dovrà risolvere.


Ed è proprio questo che è stato chiamato a fare Hugo Fischer, criminologo di punta a Berlino.

Quando arriva al campo di Auschwitz però non si aspetta che le voci che circolano su quel luogo siano vere.

Anzi dovrà persino ricredersi, sono ancora peggiori.

Moltissimi saranno gli orrori cui assisterà nel corso delle indagini cercando di resistere e convivere con una verità celata al mondo intero ma che lui non sopporta.


Essendo il miglior investigatore della Kriminalpolizei, Fischer vuole fare una bella figura scavando a fondo sulla questione e scoprendo il colpevole dell’omicidio del pediatra Sigismund Braun.


Il dottor Braun è il pediatra che lavora nel gruppo di Mengele, facendo delle ricerche e degli esperimenti sui bambini.


Il primo a trovare il suo corpo privo di vita è proprio una bambino, Gioele.

Un gemello che, all’arrivo nel campo, ha attirato subito l’attenzione di Mengele per le sue ricerche per via dei suoi occhi dal colore particolare. Grazie alla sua intraprendenza e al coraggio, il piccolo e fragile Gioele è ritenuto un bambino “speciale” nel campo. Questo gli dà modo di muoversi liberamente la notte e vedere cose che non dovrebbe. Ha inoltre una sorprendente dote nel disegno, infatti il bambino non appena ha trovato il corpo del dottore si è messo a disegnare la scena.


Questi disegni saranno fondamentali per Hugo Fischer, che li utilizzerà per le sue indagini arrivando a cogliere dei dettagli che purtroppo erano stati cancellati prima che venisse chiamato per indagare sull’omicidio.


Infatti inizialmente si credeva che il dottor Braun fosse morto per soffocamento mentre mangiava una mela. Quando però un infermiere tedesco che lavorava con lui è stato fermato con l’accusa di averlo assassinato la situazione è cambiato ed è entrato in gioco il criminologo.


Per quanto però Fisher si impegni e cerchi gli indizi per risolvere il caso il prima possibile, viene silenziosamente e velatamente mandato fuori strada. Una verità più grossa dello stesso omicidio è nascosta sotto la neve pesante di cenere del campo di Auschwitz e una volta che il detective arriva alla sconvolgente verità rischia la sua stessa vita.


In un contesto storico particolare dove la crudeltà e la malvagità è all’ordine del giorno, in un posto dove si chiede giustizia per un’omicidio senza prendere atto di tutti gli omicidi che stanno avenendo sotto gli occhi di tutti ma soprattutto per mano di tutti loro, Fischer dovrà ingoiare molti bocconi amari e “chiudere gli occhi” su molte cose cercando di non intromettersi troppo quando vede come i suoi connazionali trattano i prigionieri.


Hugo Fischer ha un’ulteriore motivo per stare sulle sue e non immischiarsi troppo su questioni che non lo riguardano. Non vuole che si scopra della sua malattia, che nasconde e tiene a bada da dosi di morfina che fermano il dolore.


Per Fischer l’aiuto di Gioele sarà fondamentale e questo attaccamento poco consono per la situazione rischia di rivelarsi fatale per entrambi. 


L’epilogo della storia dolceamaro mi ha fatto pensare a quanti, in quel periodo e nella stessa situazione di Hugo Fischer, abbiano combattuto contro un ideale sbagliato ma imposto e nel loro piccolo siano riusciti ugualmente a salvare qualche vita.


Un libro straziante e doloroso come tutti quelli ambientati in questo periodo. Come sapete ne leggo pochi e dilazionati nel tempo perchè tutta questa malvagità mi fa male al cuore.

Nonostante questa premessa non posso che consigliarvi la lettura di questo libro che mi ha tenuta incollata alle sue pagine.


L’indagine del criminologo ha creato la giusta dose di suspense e adrenalina nella narrazione, unita alla grandiosa ricerca storica in cui l’autrice ha riportato la crudeltà e tutto l'orrore dei campi di concentramento creando un libro imperdibile che credo debba essere assolutamente letto.


L’autrice ha saputo creare una storia ricca di dettagli suggestivi con una trama investigativa impeccabile. Un romanzo duro e crudo, non adatto ai deboli di stomaco ma se amate il genere, questo libro fa al caso vostro!

Assolutamente consigliato


Ringrazio inoltre l’autrice per avermi gentilmente spedito una copia del suo libro permettendomi di conoscere la sua splendida opera.💙


❓Ora vi chiedo..

Leggete libri con queste ambientazioni?

Cosa pensate di questo libro che unisce una storia reale e documentata al genere thriller?

Vi piacerebbe leggerlo?

Vi leggo volentieri nei commenti💕




martedì 14 settembre 2021

"Mr. Zuppa Campbell, il pettirosso e la bambina" - Fannie Flagg - Recensione lettura extra

    Hey Readers!!

Qui verrà recensita la lettura extra del mese di Settembre!



Titolo: Mr. Zuppa Campbell, Il pettirosso
e la bambina
Autore: Fannie Flagg
Editore: Bur Biblioteca Univ.
Rizzoli
Genere: Narrativa contemporanea




Vi chiediamo di scrivere nel commento il nome che usate su facebook e la squadra di appartenenza per potervi assegnare il relativo bonus.


Con lo stesso stile di Pomodori verdi fritti, Fannie Flagg regala ai suoi milioni di lettori un'altra storia di amore e speranza. L'inverno è alle porte e a Lost River, un piccolo paese nel profondo sud dell'Alabama, arriva l'anziano Mr. Campbell (orfano dalla nascita, trovato in una culla accanto a una lattina della famosa zuppa) per fuggire dal freddo di Chicago. Subito lo attende una brutta sorpresa: l'albergo dove deve alloggiare è bruciato. Al suo posto però ad accoglierlo c'è la casa di una stravagante signora. Le attenzioni degli abitanti di Lost River lo fanno sentire per la prima volta parte di una comunità, e quando Mr. Campbell conosce Patsy, una bambina timida con una gamba malata di cui nessuno si è mai occupato, viene conquistato dalla sua dolcezza e sente che quella è la sua famiglia.


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Buongiorno cari lettori,


Oggi inizio la mia recensione di “Mr Zuppa Campbell, il pettirosso e la bambina” di Fannie Flagg con questa frase:


“Non è incredibile come un uccellino così piccolo sia riuscito a cambiare così tante vite?”


Perché proprio questo uccellino sarà il fulcro di tutta la storia. Ma partiamo dal principio!


Il signor Oswald Campbell, un uomo di 52 anni chiamato così perché da piccolo è stato abbandonato in una cesta con un barattolo di zuppa da cui prese il nome, va come ogni anno a fare una visita di controllo. Purtroppo però il dottore gli da una brutta notizia. Non gli resta molto da vivere, i suoi polmoni sono al collasso e per questo gli consiglia di andare in un posto dove l’aria è più pulita e l’inverno non così rigido come a Chicago.


E’ così che il Signor Campbell segue il consiglio del medico e si trasferisce a Lost River, un paesino rurale del sud dell’Alabama abitato da poche anime dove il caro Oswald scopre cosa vuol dire far parte di una comunità. Scopre il potere dell’amore e di essere amato ma non solo, riesce ad esternare quella passione che aveva accantonato per paura di non essere all’altezza. Metterà da parte il suo cinismo e la solitudine che da sempre l’hanno accompagnato nella vita e si lascerà abbracciare da questa comunità allegra e altruista.


Il Signor Oswald si attaccherà ad una bambina, Patsy, che come lui non ha avuto una vita facile sin dalla nascita. Patsy dopo essere stata abbandonata un’altra volta, viene accolta in casa da una signora del paese, Francis, che insieme a tutto il paese decide di sottoporre la piccola all’intervento che tanto le serve per poter vivere bene.


E qui entra in gioco l’uccellino. 

Jack è un cardinale che, a causa di un incidente causato da due ragazzini, ha perso l’uso dell’ala e non può volare e vivere in libertà. Roy, il proprietario del market del paese, l’ha salvato e preso con sé. Tutti in paese vogliono bene a quell’uccellino che è diventata la mascotte di tutti. 


Patsy si attaccherà tantissimo al piccolo Jack, diventando il suo migliore amico e confidente. 

E sarà la sua ancora per i difficili interventi a cui si deve sottoporre. 


Lost River viene descritto dall’autrice come un paesino magico. Le descrizioni dettagliate trasportano il lettore nel letto del grande fiume ad ammirare con Oswald e gli altri abitanti i magnifici paesaggi verdeggianti che lo ricoprono.


Tutti i personaggi vengono descritti minuziosamente, la loro vita, cosa hanno fatto e cosa fanno nel paese. Tutti aiutano tutti in un’atmosfera di solidarietà e c’è nell’aria quasi un profumo magico che ti spinge a trasferirsi a Lost River e non andar più via.


Ho già letto anni fa un libro di questa autrice, Pomodori verdi fritti. Con quella storia l’autrice mi ha fatto amare la sua penna, ma con questa mi ha scaldato il cuore. Sicuramente leggerò qualche altra sua opera e sò già che non ne rimarrò delusa.


Una storia di difficoltà che si risolvono con l’amore e l’aiuto di amici che ci vogliono bene, perchè ci vuole davvero poco per stare bene se si ha intorno qualcuno che ci ama.

Una storia con un finale magico, forse troppo per essere vero, ma è pur sempre bello poter sognare no?


Vi consiglio se non l’avete ancora fatto di leggere qualcosa di Fannie Flagg e se vi serve una storia con un pizzico di magia, bè, questo libro fa al caso vostro!🌟


❓E ora vi chiedo..

Avete o avete avuto un animale domestico a cui siete affezionati? 

Vi piacciono le storie con un pizzico di magia?

Vi leggo volentieri nei commenti💕



giovedì 22 luglio 2021

Recensione "La metamorfosi" - Franz Kafka

 



Titolo: La metamorfosi

Autore: Franz Kafka

Editore: BUR Biblioteca

Univ. Rizzoli

Genere: Classico






Cosa si prova a svegliarsi una mattina trasformati in orrendi scarafaggi? Non si può sfuggire a questa domanda, leggendo le prime righe della Metamorfosi, tra le più folgoranti e memorabili della letteratura europea. La descrizione piana e minuziosa del gigantesco insetto, con la sua corazza dura e nera, le zampette che si dimenano, non risparmia orrore e angoscia al protagonista e al lettore. Così questo romanzo, diventato uno del simboli del Novecento, apre a un confronto serrato col dolore, con la violenza, con l'esclusione. Nel commesso viaggiatore Gregor Samsa, che sogna la felicità e scopre l'indifferenza, c'è tutta la tragica condizione dell'uomo contemporaneo.



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Buongiorno lettori,


Oggi vi parlo del più famoso racconto di Franz Kafka, autore boemo che 1915 ha pubblicato “La metamorfosi”. Questo è il mio primo approccio con questo autore e devo dire che ha lasciato il segno. Infatti il racconto se letto superficialmente appare banale e anche un pò “fantastico” di un uomo che si trasforma in un insetto mostruoso, ma se letto in chiave allegorica denuncia l’alienazione della famiglia e della società.


Gregor Samsa è il protagonista di questo racconto. Lui, con il suo lavoro, è l’unico che sostiene economicamente la famiglia. 

Una mattina come sempre svegliatosi per andare a lavoro, si accorge di essersi trasformato in un enorme insetto orribile. Credendo fosse un sogno cerca di svegliarsi ma quando capisce che la sua condizione rimarrà quella inizia a preoccuparsi per il lavoro, la famiglia, il suo aspetto e di come le persone lo ripudieranno vedendolo.


Infatti, se inizialmente la famiglia cerca di avere con lui un rapporto umano, portandogli il cibo nella stanza dove l’hanno prontamente rinchiuso, arieggiando la camera e pulendola, alla fine non riescono a sopportare nemmeno la sua presenza, cercando un modo per liberarsene.


In tutto questo il protagonista capisce i discorsi dei familiari ma non viene compreso, parlando una lingua animalesca.

Sentendo i discorsi che fanno su di lui, soprattutto la sorella al quale è molto affezionato, piano piano Gregor smette di mangiare lasciandosi, infine, morire di fame.

Ho apprezzato la bravura dell’autore nel descrivere le sensazioni che il protagonista prova nelle vesti di insetto, l’orrore che trapela dai discorsi dei familiari quando lo vedono, le sensazioni dello stesso protagonista che descrive la sua vita da insetto, impressionante!

Molteplici sono i temi che in questo breve racconto l’autore tocca, come l’alienazione dell’individuo, la sua spersonalizzazione, l’egoismo dei familiari, la loro completa indifferenza per il malessere che sta provando il protagonista, il senso d’angoscia e l’impossibilità di cambiare la sua situazione dello stesso. Il tutto raccontato sotto forma allegorica e metaforica amplificando così la loro ambiguità.


Il comportamento umano fa da padrone a questo racconto, facendo riflettere il lettore su come un individuo crea legami e affetti a seconda della convenienza e opportunità che gli si presenta davanti attraverso un altro individuo.

Così come l’emarginazione del protagonista che prevale nel racconto è la metafora della stessa vita dell’autore con la sua famiglia. Il non essere accettato e ripudiato, l’incapacità di chi lo circonda di instaurare un rapporto con lui.

L’epilogo mi ha messo tanta tristezza facendomi riflettere su quanto l’umanità è insensibile a chi è diverso dalla massa, estraniandolo e ripudiandolo.

Un grande classico che consiglio di leggere almeno una volta nella vita. Per la sua profondità e i suoi insegnamenti. Perchè tutti noi, in un modo o nell’altro ci siamo sentiti un pò come il protagonista almeno una volta nella vita. 

Lasciati soli, non compresi dalla società ma soprattutto non compresi dai nostri familiari.


❓E voi avete letto questo racconto? Mi consigliate altro di questo autore boemo?

Come vi sentireste se un giorno vi svegliaste trasformati in un insetto?

Vi leggo volentieri nei commenti💕



giovedì 8 aprile 2021

Recensione "The Raven boys" - Maggie Stiefvater

 




Titolo: The Raven Boys

Autore: Maggie Stiefvater

Editore: Rizzoli

Genere: Horror per ragazzi

Serie: Volume uno






È la vigilia di San Marco, la notte in cui le anime dei futuri morti si mostrano alle veggenti di Henrietta, Virginia. Blue, nata e cresciuta in una famiglia di sensitive, vede per la prima volta uno spirito e capisce che la profezia sta per compiersi: è lui il ragazzo di cui s'innamorerà e che è destinata a uccidere. Il suo nome è Gansey ed è uno dei ricchi studenti della Aglionby, prestigiosa scuola privata di Henrietta i cui studenti sono conosciuti come Raven Boys, i Ragazzi Corvo, per via dello stemma della scuola, e noti per essere portatori di guai. Blue si è sempre tenuta alla larga da loro, ma quando Gansey si presenta alla sua porta in cerca di aiuto, pur riconoscendolo come il ragazzo del destino non può voltargli le spalle. Insieme ad alcuni compagni, Gansey è da molto tempo sulle tracce della salma di Glendower, mitico re gallese il cui corpo è stato trafugato oltreoceano secoli prima e sepolto lungo la "linea di prateria" che attraversa Henrietta. La missione di Gansey non riguarda solo un'antica leggenda, ma è misteriosamente legata alla sua stessa vita. Blue decide di aiutare Gansey nella sua ricerca, lasciandosi coinvolgere in un'avventura che la porterà molto più lontano del previsto.



Da quando è nata su di Blue pende una “maledizione”, un destino che fino ad ora non l’ha mai spaventata,  uccidere con un bacio il suo vero amore, ma che adesso inizia a pesare.


Incontrerà un ragazzo, o meglio un gruppo di ragazzi, i ragazzi corvo, così chiamati per via dello stemma della loro uniforme della Aglionby, scuola privata per persone ricche che la spingeranno a rompere l’equilibrio quotidiano e la condurranno in un’avventura che non si sarebbe mai aspettata.


Tutto di questo libro è magico e misterioso al tempo stesso. Inizialmente ho faticato ad entrare in sintonia con la storia perchè l’autrice di dà un sacco di informazioni che ad un primo momento ci sembrano superflue ma che con lo svolgimento della narrazione risultano essenziali per la comprensione delle vicende.


In questo romanzo non abbiamo un solo protagonista principale, ma tutti e cinque i ragazzi hanno un ruolo importante e tutti sono indispensabili per la storia.


E’ difficile non empatizzare con loro, non affezionarsi a loro e ai loro caratteri, ognuno con il proprio riesce ad entrare nel cuore del lettore.


Abbiamo Gansey, di famiglia ricca che si trova a Henrietta per scoprire di più sulle linee di prateria, o sentiero funebre, che sono delle linee che convergono in alcuni punti geografici ai quali vengono attribuiti dei poteri magici e spirituali e su Glendower, ultimo gallese ad avere il titolo di principe del Galles. 

Queste ricerche l'hanno portato in giro per il mondo ma non solo, sembra che la sua vita, in qualche modo, sia collegata a Glendower! 

Questo lo porta a sembrare ossessionato da questa ricerca, e un pò è così!

Nonostante  il suo modo di essere, la sua parlata altolocata che può sembrare presuntuosa e il suo diario ossessivo pieno di ricerche ossessive per risvegliare questo principe morto da tempo, è il mio personaggio preferito! 


Adam al contrario di Gansey è di famiglia povera. Si fa il mazzo per frequentare la Aglionby per poter avere, un giorno, un futuro migliore senza dover contare sull’aiuto di nessuno.


Ronan è il più spigoloso del gruppo, dopo la morte del padre, che non ha mai superato, il suo rendimento scolastico è calato a picco così come il rapporto con il fratello maggiore, questa situazione lo porta ad agire d’impulso. Di lui si sa poco e l’ultima frase detta nel libro mi fa sperare che nel seguito il suo personaggio venga approfondito così come il “dono” che dichiara di avere.


Noah è il timido del gruppo, vive insiema a Ronan e Gansey,si sà davvero poco di lui, frequenta la Aglionby e ha una macchia sul viso come segno particolare. 

Scopriamo qualcosa di importante sul suo personaggio verso la metà del romanzo ma che non vi dirò per non gustarvi la lettura!


The Raven Boys è il primo libro di una quadrilogia, scritta dalla bravissima Maggie Stiefvater già conosciuta per la saga sui lupi di Mercy Falls, di cui ho letto il primo anni fà.


Il mix creato dall’autrice di magia e soprannaturale mi ha catturata completamente.

Io adoro le storie piene di elementi soprannaturali e questa, con la sua originalità non è da meno! 


Lo stile narrativo dell’autrice è particolare e non a tutti piace, con il suoi punti di vista multipli che potrebbero infastidire e confondere il lettore.

Sono molto curiosa di proseguire la lettura di questa serie dove mi aspetto che i mille dubbi e le mille domande nate dalla lettura di questo primo volume vengano almeno in parte risposte.

 

Consiglio questo libro agli amanti dei fantasy, a chi vuole immergersi in una lettura dove la magia e il soprannaturale aleggia nell’aria e non ha paura di incontrare un fantasma!


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